La definiamo primaria proprio perché rappresenta il pilastro su cui si fondano tutte le strategie di riduzione del rischio oncologico. Si tratta di una somma di azioni quotidiane che costruiscono, passo dopo passo, uno stile di vita più sano e protettivo. In questo contesto, la promozione della salute — ovvero la prevenzione primaria delle malattie, incluse quelle tumorali — si realizza attraverso un’attività fisica costante, seppur moderata, e, soprattutto, mediante un regime alimentare equilibrato e consapevole. Tuttavia, anche in presenza di una diagnosi oncologica, l’alimentazione mantiene un ruolo centrale: corrette abitudini nutrizionali possono contribuire ad attenuare gli effetti collaterali delle terapie e, talvolta, a ottimizzarne l’efficacia. In questa fase si parla di prevenzione secondaria. Approfondiamo dunque questi aspetti con l’aiuto della Dott.ssa Cristina Amianti (www.amianticristina.com), biologa nutrizionista che da anni collabora con la Fondazione Libellule Insieme, supportando le pazienti nel difficile ma cruciale percorso di cura.
Dottoressa Amianti, cominciamo dalla prevenzione primaria. In che modo una corretta alimentazione può fare la differenza nella riduzione del rischio di sviluppare un tumore?
Numerose evidenze epidemiologiche, in particolare quelle raccolte dall’American Institute for Cancer Research, dimostrano in modo inequivocabile che cattive abitudini alimentari incidono in maniera significativa sull’incidenza tumorale, contribuendo fino a un terzo dei casi. In Italia, la stima è altrettanto preoccupante: circa il 40% delle neoplasie potrebbe essere evitato adottando comportamenti virtuosi e un’alimentazione corretta e bilanciata. È quindi evidente che l’alimentazione rappresenta un fattore modificabile di enorme peso nella prevenzione oncologica. Tuttavia, l’educazione alimentare deve radicarsi fin dall’infanzia: per questo, nei miei interventi coinvolgo l’intero nucleo familiare, perché la salute è un impegno condiviso, non un percorso individuale.
Quali consigli si possono dare per evitare i cibi dannosi?
Il World Cancer Research Fund (WCRF) e l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) forniscono linee guida dettagliate su come modulare le scelte alimentari per abbattere il rischio oncologico. In base a tali raccomandazioni, è opportuno ridurre drasticamente — se non eliminare del tutto — i cibi ad alta densità energetica e basso valore nutrizionale: parliamo di alimenti ultra-processati, confezionati e industriali che spesso popolano gli scaffali dei supermercati e i distributori automatici. Esempi tipici sono merendine, snack confezionati, patatine fritte (note per la formazione di acrilammide, composto potenzialmente cancerogeno prodotto durante le cotture ad alte temperature), cibi pronti a lunga conservazione, fast food, dolci industriali e bibite zuccherate.
Questi alimenti sono concepiti per indurre gratificazione immediata e fidelizzazione al gusto, ma offrono un profilo nutrizionale carente, ricco di zuccheri semplici, grassi saturi, farine raffinate, sodio e additivi. Il consumo abituale indebolisce il sistema immunitario e favorisce uno stato infiammatorio cronico, terreno fertile per lo sviluppo di diverse patologie, incluse quelle neoplastiche.
E ci fa prendere anche qualche chilo di troppo…
Esatto. L’eccesso ponderale — e in misura ancora maggiore l’obesità — rappresenta un fattore di rischio trasversale per la maggior parte delle neoplasie. L’adiposità in eccesso è tutt’altro che un semplice deposito inerte: è un organo endocrino attivo, capace di secernere mediatori pro-infiammatori come le citochine infiammatorie, che favoriscono lo stress ossidativo e la trasformazione cellulare maligna. Inoltre, il tessuto adiposo aumenta la produzione di ormoni steroidei — in particolare gli estrogeni — influenzando la patogenesi dei tumori ormono-dipendenti come quello mammario o dell’endometrio.
Un altro fattore critico è l’eccesso di zuccheri raffinati, che promuove insulino-resistenza e iperinsulinemia: condizioni che alimentano indirettamente la proliferazione cellulare incontrollata.
Tra i cibi da consumare con moderazione c’è anche la carne?
Assolutamente sì. In particolare, è bene limitare le carni rosse e ridurre drasticamente il consumo di carni trasformate — insaccati, salumi, i liofilizzati da brodo industriali — in quanto ricchi di sale, conservanti chimici e nitriti. Diversi studi hanno dimostrato che un’assunzione regolare di queste categorie alimentari incrementa il rischio di tumori del tratto gastrointestinale, in primis stomaco, colon e retto.
Fortunatamente, esistono scelte alimentari in grado non solo di ridurre il rischio oncologico primario, ma anche di sostenere l’organismo durante il percorso terapeutico, attenuando gli effetti collaterali e favorendo la risposta clinica.
In che modo?
Ogni paziente onco-ematologico presenta caratteristiche metaboliche, esigenze nutrizionali e reazioni individuali alle terapie differenti: per questo motivo è imprescindibile un approccio personalizzato, concordato tra nutrizionista e oncologo di riferimento. Tuttavia, possiamo indicare alcuni principi di base validi per la maggior parte dei casi.
Per esempio, per contrastare nausea e inappetenza — effetti collaterali comuni durante chemio o radioterapia — si raccomanda di frammentare i pasti in porzioni piccole e frequenti, privilegiando alimenti ben tollerati e facilmente digeribili. Lo zenzero fresco, assunto a piccole dosi, può mitigare la sensazione di nausea. Per ridurre fastidi olfattivi, è consigliabile cucinare in ambienti separati e, quando possibile, mantenere un clima sereno e conviviale a tavola, poiché la dimensione psicologica del pasto ha un impatto diretto sulla capacità di alimentarsi adeguatamente.
Un altro aspetto critico è la prevenzione della malnutrizione, spesso conseguenza di nausea, vomito, alterazione del gusto e difficoltà di deglutizione. Nei casi di radioterapia, ad esempio, può rendersi necessario incrementare moderatamente l’apporto calorico e proteico per preservare la massa magra e sostenere le difese immunitarie. Alimenti ricchi di proteine ad alto valore biologico (pesce, uova, latticini leggeri, legumi ben cotti) e fonti di grassi “buoni” (olio extravergine di oliva, frutta secca non salata) sono particolarmente indicati.
Inoltre, un adeguato apporto di fibra solubile e probiotici naturali (come yogurt e kefir) può aiutare a mantenere in equilibrio la flora intestinale, spesso alterata dalle terapie, riducendo disturbi come diarrea o stitichezza. È utile monitorare costantemente l’idratazione, poiché vomito e diarrea possono determinare disidratazione rapida.
Gli integratori possono essere d’aiuto durante le terapie oncologiche?
L’impiego di integratori, vitamine, antiossidanti e fitocomposti deve essere valutato con estrema cautela e sempre sotto supervisione dell’oncologo curante. Alcuni supplementi possono infatti interferire con i farmaci chemioterapici o radioterapici, alterandone l’efficacia o amplificandone la tossicità. In generale, la priorità dovrebbe essere quella di soddisfare i fabbisogni nutrizionali attraverso un’alimentazione naturale e bilanciata. Solo laddove emergano carenze documentate da esami specifici, o quando l’alimentazione non sia sufficiente a garantire un apporto adeguato, si può ricorrere a un’integrazione mirata, prescritta dal medico. In nessun caso è consigliabile l’autosomministrazione di integratori “fai da te”, soprattutto in corso di terapia oncologica, poiché si rischia di compromettere la sicurezza e l’efficacia del trattamento.